Un anno fa circa, consigliavo al Milan di spendere i – molto, molto presunti – 60 milioni destinati all’acquisto di Ronaldinho per ringiovanire la squadra, che appariva ormai ben avviata sulla via del tramonto. Il dentone brasileiro è arrivato, al «modico» prezzo di 20 milioni di euro. In sede di mercato, poi, sono stati spesi altri 30 milioni circa. Per rifondare la squadra? No, affatto. A Milanello sono arrivati giocatori apparentemente bolliti rivelatisi comunque dignitosi (Zambrotta), del tutto bolliti (Sheva), infortunati perenni (Senderos), presunti giovani fenomeni (Cardacio e Viudez, sponsorizzati da Fonseca, oltre a Borriello) e onesti mestieranti (Abbiati e Flamini). Durante la stagione in corso, poi, altre due operazioni: Beckham, utile per vendere qualche migliaio di maglie con «Beckham 75» stampato sulle spalle, e Thiago Silva, centrale difensivo classe 1984 che dichiara di voler diventare il nuovo Maldini. Sul fronte cessioni, invece, repulisti di giovani «made in Milanello»: ceduti a titolo definitivo Sammarco, Marzoratti, Abate e Di Gennaro. I risultati di questa sciagurata sessione estiva di mercato si sono visti sulla squadra, caduta sotto i – deboli – colpi del Bologna a San Siro in un esordio da incubo. Sconfitta anche alla seconda giornata di campionato contro il Genoa, nella tana del Grifone però, e questa è una minima attenuante. Poi, quattordici-risultati utili consecutivi-quattordici, tra campionato e Coppa Uefa. Con il ritorno di Pirlo in campo, infortunato contro il Genoa alla seconda di campionato, il Milan è sprofondato: due punti in quattro partite con il regista bresciano in campo, e l’unica vittoria arrivata dal suo – infausto – ritorno in campo è arrivata contro il Catania, con Pirlo assente. Imputare tutti le disgrazie del Milan a Pirlo è ridicolo: l’ex interista sarà anche il cervello del Milan, ma il cervello può ben poco se gli arti sono malfunzionanti, a partire dal cuore, Rino Gattuso: «lesione del legamento crociato anteriore del ginocchio destro» la diagnosi, «sei mesi» la prognosi. A sostituire Gattuso ci dovranno pensare Flamini ed Emerson, non la stessa cosa a livello carismatico il primo, non la stessa cosa e basta il secondo. Non bisogna pensare che il centrocampo del Milan reggesse grazie al solo Gattuso: Pirlo, Seedorf (quando ha giocato a centrocampo), Ronaldinho (che corre come un portiere e ripiega in fase difensiva come un centravanti) e una prima punta a scelta sono troppi anche per un mastino come lui, e così è toccato a Kaká – sì, il calciatore potenzialmente più decisivo al mondo costretto ad aiutare il centrocampo spendendo inestimabili energie – ringhiare, lasciando a Ronaldinho il compito di deliziare la platea. Il «Pallone d’oro 2005» ha sì marcato sette reti, ma Kaká avrebbe potute farne altrettante, se non di più. Detto dei sette gol di Ronaldinho, bisogna precisare che sono sufficienti all’ex PSG per essere il miglior marcatore del Diavolo: con Kaká costretto a sacrificarsi in aiuto del centrocampo, in avanti le alternative sono numerose, ma spesso inefficaci. Shevchenko è bollito, ma questo si sapeva da tempo. Inzaghi ha 35 anni, il fiuto del gol gli è rimasto, ma le gambe ed il fisico lo accompagnano sempre meno. Borriello qualcosa di buono l’ha lasciato intravedere prima della disastrosa trasferta salentina ed il successivo infortunio, ma non parte certo lui, almeno non da solo, il possibile salvatore della patria. Resta Pato, l’enfant prodige di Pato Branco, che però pare inadatto al ruolo di prima ed unica punta. Localizzare le imperfezioni del Milan dalla metà campo in su non è corretto, difatti è la retroguardia il reparto in maggiore difficoltà in questo avvio – «prima parte» è più corretto – di stagione. Abbiati, Dida, Kalac, Maldini, Kaldze, Nesta, Zambrotta, Jankulosvki, Favalli, Senderos, Bonera, Antonini. Di questi, nessuno merita più della sufficienza, anzi, ben più d’uno dei citati è ben sotto questa soglia. I tre portieri, la cui gerarchia era stata incerta fino all’avvio del campionato, hanno trovato collocazione: Abbiati in campionato, Dida in Uefa e Kalac in Coppa Italia, ma nessuno dei tre ha convinto pienamente. Tra i centrali, tolti gli infortunati Nesta (col suo ritorno qualcosa migliorerà?) e Senderos, praticamente sempre ai box in questa stagione, Maldini e Bonera hanno cercato di fare il loro, ma causa di malanni fisici non ci sono sempre riusciti, finendo per lasciare il posto a Favalli, un altro connetto. Kaladze, poi, è stato il peggiore: in campo appare perennemente distratto, le amnesie sono all’ordine del giorno, e ogni tanto ci scappa pure la polemica («Farina è scarso, non ci capisce niente e mi ha derubato»). Sulle corsie esterne, la situazione non è delle migliori, con Zambrotta che pare essersi nuovamente involuto dopo un incoraggiante avvio e Jankulovski che difensore non è, e non manca di dimostrarlo in ogni occasione. Ci sarebbe Antonimi, ma ha spazio solo in Uefa e Coppa Italia. Per risolvere la situazione difensiva l’innesto di Thiago Silva al centro della difesa sarebbe una manna, ma così non sarà: i posti da extracomunitari al Milan sono stati occupati da Sheva e Viudez, e così il difensore proveniente dal Fluminense dovrà aspettare fino alla prossima stagione per poter indossare la maglia rossonera in partite ufficiali. E intanto sabato sarà presentato Beckham…